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di Piera de Sensi

DIARIO DI UN CANE DI QUARTIERE
di Piera de Sensi

1 giugno 2001 - Per la maggior parte delle persone un quartiere è un insieme di strade, di palazzi, di negozi, di alberi, di monumenti. Per me, che sono un essere a quattro zampe, il quartiere è semplicemente un mondo di odori, di voci, che ho imparato0 a catalogare. C’è la voce amica della signora che mi offre da mangiare, c’è la risata argentina del bambino che si ferma a giocare con me, c’è il rumore della saracinesca del ristorante che si alza per lasciar fuori un pacchetto di avanzi. Ma c’è anche il clacson della macchina che rischia di investirmi, ci sono i calci e gli insulti di chi vuole mandarmi via. Questo è diventato il mio quartiere perché qui sono stato abbandonato sul ciglio di una strada, stordito dalle percosse e sanguinante per una brutta mutilazione. Gli anziani del bocciodromo mi hanno curato e rifocillato, e poi sono entrato nelle simpatie di un gruppo di bambini che mi hanno coinvolto nei loro giochi: ormai non c’è incontro di calcetto o di basket in cui io non sia la loro mascotte. Dopo un periodo da randagio ho persino trovato un tetto sotto cui rifugiarmi, e in questa casa ho anche la certezza di un pasto fisso tutte le sere. Io cerco di non approfittare della famiglia che mi ha accolto: mi limito a cenare e a passare la notte. Di giorno, invece, sono sempre in giro. E la cosa non mi dispiace, perché l’abitazione che mi ospita è piena di gatti. Con loro ho stabilito un rapporto di rispettoso distacco, per farla breve… mi sono levato dalle zampe. Nella casa c’è un altro cane che mi sembra, anche lui, afflitto da questa promiscuità. Io cerco di dimostrargli la mia solidarietà facendo una scappatina all’ora di pranzo per lasciargli un osso, sempre che riesca a rimediarlo dal macellaio. Glielo nascondo in giardino, in un nostro punto segreto. Lui lo sa e ogni giorno va a controllare. Ogni tanto, ho qualche crisi d’identità, perché ovunque io vada, mi chiamano in modo diverso. Per gli anziani del bocciodromo sono Palanca (ma non gioco a calcio…); per i bambini sono Pallino (e il riferimento ai giochi è lampante); per la signora che mi dà da mangiare sono Biscotto (certo la fantasia non le manca). Il padrone della casa-alloggio dove passo la notte si chiama Ludovico, forse perché mi ha voluto riscattare, con un nome così aristocratico, dalle mie passate disgrazie. I suoi riguardi nei miei confronti sono francamente eccessivi: mi parla in buon italiano e non come si fa di solito con gli animali, mi ha portato dal veterinario per farmi vaccinare, e mi fa controllare ogni volta che ce n’è bisogno. Peccato che io mi metta a tremare come una foglia tutte le volte che lo vedo. E’ proprio una figuraccia di cui non so darmi pace. Ogni giorno mi dico che sono proprio un cane fortunato, anche se so benissimo di non essere circondato soltanto da amici degli animali. Ma il pensiero di tanti cani abbandonati che non sono riusciti a rifarsi una vita mi tiene molto inquieto. Chissà che la mia storia non possa essere di esempio per qualcuno. E se proprio non sarà possibile dare a tutti i cani una casa in cui abitare, almeno gli si dia un quartiere!

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