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Primo sì all'abbattimento dei lupi

Il piano prevede 22 misure per tutelare gli allevatori, tra cui l'uccisione del 5 per cento del totale che popola il nostro Paese. L'approvazione definitiva il 2 febbraio

27 gennaio 2017
| di Redazione
Primo sì all'abbattimento dei lupi

Dopo 46 anni durante i quali il lupo è stato protetto dalla legge, oggi si torna indietro, autorizzando il suo abbattimento controllato “in casi eccezionali”. È quanto emerge dal “Piano di Conservazione del lupo”, la cui ultima versione è stata approvata martedì in sede tecnica alla Conferenza Stato Regioni e che sarà votata in sede politica il prossimo 2 febbraio.

 

Si tratta di un piano redatto con la collaborazione di circa settanta esperti, dell'Istituto per la Protezione Ambientale (Ispra) e dei maggiori portatori d’interessi e che ha come obiettivo quello di facilitare la convivenza tra i lupi e coloro che svolgono attività agricole.

 

Negli ultimi anni questi animali selvatici hanno causato diversi problemi soprattutto agli allevatori che hanno subito perdite tra le proprie greggi e mandrie. Proprio per tutelare gli allevamenti, il piano prevede 22 azioni di conservazione della specie, tra cui recinzioni speciali, lotta agli incroci tra cani e lupi e procedure più rapide per i rimborsi agli allevatori danneggiati.

 

Ciò che però fa discutere è l'ultima delle misure del piano, quella che prevede la possibilità di effettuare, previo un piano regionale approvato dal Ministero dell'Ambiente, un abbattimento controllato di un numero di lupi non superiore al 5 per cento del totale che abita in Italia, derogando così alla legge che, dal 1971, vieta di ucciderli.

 

Le associazioni animaliste sono insorte alla notizia: Enpa, Lac, Lav, Lipu, Lndc hanno firmato una lettera comune in cui si rivolgono direttamente al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni affinché “non riapra la caccia al lupo” perché “è contro qualsiasi logica ed etica ambientale e rischia di rimettere in discussione lo stato di conservazione del lupo in Italia, anche attraverso un indiretto ma probabilissimo incentivo agli atti di bracconaggio contro la specie”.

 

Per il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, però, è esattamente il contrario e, in assenza di questo piano, il rischio è quello che il bracconaggio possa diventare lo strumento di tutela degli agricoltori. “In certe zone la presenza del lupo è diventata un rischio per le attività agricole – ha detto il ministro all'Ansa – e ci sono attività che chiudono per la presenza dei lupi”. Inoltre, ha aggiunto, la percentuale del 5 per cento “non mette a rischio la presenza del lupo in Italia”.

 

Cosa però confutata dalle associazioni animaliste che sottolineano come “per i lupi non sono possibili abbattimenti realmente selettivi e gli effetti di tali abbattimenti sono sempre  imprevedibili”, oltre al fatto che, non essendoci “dati precisi e attendibili sulla popolazione dei lupi in Italia”, sarebbe impossibile determinare il numero esatto degli animali che si sarebbe autorizzati a uccidere. Questa pratica, poi, non solo potrebbe portare a una maggiore tolleranza verso atti di bracconaggio, ma, sempre secondo le associazioni, potrebbe causare un aggravarsi dei comportamenti predatori e quindi non avere gli effetti positivi sulle tensioni sociali che si vorrebbero raggiungere con questo piano, vanificando “di fatto i contenuti positivi del piano” stesso.

 

Come ricorda il WWF – che definisce questo Piano “un’arma di distrazione di massa” – si stima che siano più di 300 ogni anno in Italia i lupi vittime di atti illegali (dovuti a fucili, lacci e veleno) o di investimenti stradali, ai quali si aggiungeranno prossimamente un numero indefinito di animali abbattuti legalmente nel momento in cui verrà attuato questo Piano.

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