Come gli animali reagiscono al terremoto
I cani non abbaiano più e i gatti si nascondono sotto il letto: anche per loro le scosse sono un evento traumatico.

Foto: Associzione "L'amico fedele onlus"
Quando iniziano i boati, quando si avverte uno strano capogiro, quando gli oggetti cominciano a ondeggiare, ancora facciamo fatica a capire che cosa stia succedendo. Ma subito sentiamo la paura che ci prende e facciamo fatica a pensare, imitiamo le persone intorno a noi, cerchiamo qualcuno da seguire. Non vogliamo restare soli.
Quando avvertiamo il terremoto attraverso tutte queste sensazioni, i nostri animali si sono già accorti forse da ore che c’è qualcosa di insolito. Sono tante le testimonianze che confermano alcuni comportamenti di cani e gatti prima che le persone inizino ad avvertire la scossa di terremoto. Cani e gatti sono in allerta, ansimano, sono inquieti, girovagano per casa, i cani uggiolano e abbaiano ripetutamente, i gatti si nascondono. I proprietari non riescono a calmarli in nessun modo. I cani continuano ad annusare l’aria, c’è un odore inconsueto.
E dopo, quando tutto è finito, a quel punto ci si rende conto che il cane o il gatto di casa è scappato. Iniziano le ricerche, si ha fiducia che l’animale sia rimasto nei dintorni. Si spera che sia scappato dai crolli. Per i proprietari il dopo terremoto è un momento di grande ansia: ci si sforza di fare ordine nella mente, ma le emozioni continuano a prevalere. Un disastro in cui non si trova un senso e occorre tempo per ritornare lucidi.
Si cercano le persone scomparse e i loro animali. E ci si impegna per dare soccorso psicologico: nei giorni a venire le persone colpite dal terremoto lamenteranno insonnia, flashback, incubi, diranno di sentirsi emotivamente svuotati o continuamente in allerta, una sensazione di fluttuare nel nulla che non se ne va. Sono i disturbi post-traumatici da stress
I bambini e gli anziani sono particolarmente esposti a questi shock e tutto si aggrava se si è smarrito l’animale di casa, perché sono proprio bambini e anziani a confidare di più nel supporto affettivo dei loro animali e, in una condizione come questa, più di altri avrebbero bisogno di sentire vicini i propri amici a quattro zampe.
Arrivano i veterinari, arrivano i volontari e si allestiscono punti di alimentazione mobile per gli animali vaganti: si lasciano sul terreno cibo e acqua, si cerca di comunicare agli animali che ora possono tornare a casa. È importante essere presenti di notte: la quiete notturna li incoraggia a uscire dai loro nascondigli. Le persone, però, sentono l’ansia crescere, di notte, e si è pervasi dal pensiero assillante di non farcela: "dove sarà? senz’altro si è nascosto, vedrai che domani torna… speriamo che… ma tu l’hai visto uscire?".
I professionisti che intervengono in queste situazioni sanno quanto sia importante offrire supporto psicologico alle persone che hanno perso il loro animale: occorre parlare, è necessario ascoltare, è fondamentale non creare false aspettative. Chiedono a una bambina di raccontare loro della sua cagnolina: “raccontaci di lei, così ci aiuterai a cercarla”.
Le statistiche ci danno alcuni dati: la maggior parte degli animali che vivono in famiglia e che scappano durante un terremoto ritornano entro pochi giorni. Scappare è una reazione normale, avere paura di tutto da quel momento in poi è una reazione normale; e quando cala il silenzio notturno, anche per loro è il momento di riflettere e di avvertire che la causa del loro terrore non c’è più. Conoscono la strada, sanno dove ritrovare le persone, la fame e la sete si fanno sentire e i punti di alimentazione mobile si rivelano fondamentali: gli animali di casa non sono più abituati a procacciarsi il cibo da soli, è importantissimo che si facciano trovare cibo e acqua sul territorio nell’intorno dei crolli perché gli animali in stato di shock tendono a rimanere nascosti anche per più giorni poiché perdono ogni riferimento emozionale e non riescono più a controllare la paura anche per lungo tempo. I dati rilevati nel periodo post-terremoto dicono che tanti cani fuggiti sono poi stati ritrovati nei pressi delle macerie delle loro case, mentre i gatti impiegano più tempo a mostrarsi e tendono a restare nascosti più a lungo.
I proprietari possono essere coinvolti fornendo fotografie dei loro animali: questo aiuterà i soccorritori nel riconoscimento degli animali in cui si imbatteranno con il passare delle ore; si dovranno monitorare più strettamente anche gli arrivi nei rifugi. Occorre la collaborazione di tutta la comunità: in questi momenti chiunque può contribuire e aiutare in qualche modo.
Nei giorni a seguire, i ritrovamenti sono tanti: è importante che la comunità colpita resti unita anche in questo. Si ritrovano degli animali, occorre soccorrerli, alcuni avranno bisogno di cure veterinarie, alcuni saranno feriti, ma la maggior parte sarà fortemente traumatizzata. Riabbracciare il proprio cane può voler dire tutto in questa situazione.
Le persone anziane che hanno un cane o un gatto come unica base sicura vivono questa situazione con estrema apprensione, anche perché spesso hanno dovuto abbandonare la loro casa senza possibilità di portare gli animali con loro. Il terremoto ha compromesso una rete di relazioni che fatica a ritrovare una sua coesione e che richiede un supporto non solo in termini economici e psicologici ma anche sotto il profilo zooantropologico. Si cerca con fatica di tornare alla normalità, parola che in questa situazione inizia a suonare irritante.
Dopo il terremoto, i proprietari riferiscono che i loro cani non abbaiano quasi più, sono caduti in una sorta di sonnolenza catatonica, mangiano di meno, non si muovono dalle brandine. L’inquietudine che ha preceduto la grande scossa ha lasciato il posto a una sorta di rassegnazione apatica. I gatti tendono a rifugiarsi sotto i mobili e sotto i letti e a non lasciarli nemmeno per mangiare; è ovvio che il trauma ha fatto produrre loro feromoni di allarme che si rinnovano continuamente mettendoli in un perpetuo stato di allerta.
Pochi si rendono conto che le famiglie sfollate dalle loro case condividevano l’abitazione con i loro animali che ora si trovano a vivere le medesime situazioni di disagio. Per alcune persone potrebbe essere un trauma ulteriore: “Sembra che non mi riconosca… perché scappa?” Si spiegherà loro che è normale, perché in questo momento qualunque assurdità può essere normale. Ci vorrà tempo.
* Etologo e zooantropologo, insegna in diversi atenei ed è direttore della Siua (Scuola di Interazione Uomo-Animale) e del Centro Studi Filosofia Postumanista.