I cani aiutano anche chi non li ama
Il filosofo ed etologo Roberto Marchesini ci spiega l'importanza dei cani nella vita dell'uomo

Dayko, labrador, ha salvato 7 persone intrappolate sotto le macerie dopo il terremoto in Ecuador del 2016. Diesel, pastore belga, era in prima linea nel blitz contro i terroristi degli attacchi di Parigi del 2015. Trakr, pastore tedesco, ha recuperato dalle macerie l'ultima sopravvissuta degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 a New York.
Questi sono solo alcuni dei casi in cui i cani dimostrano non solo di essere nostri fedeli amici ma anche validi collaboratori. I cani, infatti, ci aiutano nella vita quotidiana anche quando non ce ne accorgiamo. Si potrebbe addirittura dire che i cani aiutano anche chi non li ama. Come? Lo abbiamo chiesto al filosofo, etologo e direttore della 'Scuola interazione uomo animale', il dottor Roberto Marchesini.
“Non bisogna necessariamente essere cinofili - dice subito Marchesini - per rendersi conto di quanto i cani siano fondamentali nella nostra società. E non parlo solo di compagnia. I cani, infatti, sono anche nostri colleghi di lavoro e ci aiutano con tutto il loro cuore in attività talvolta pericolose: ci affiancano nel soccorso alpino, nella ricerca in acqua o sotto le macerie di un terremoto; si spingono in prima linea durante atti di terrore, scoprono malviventi e aiutano i più deboli. Spesso siamo indotti a credere che i cani abbiano bisogno di noi, ma non ci rendiamo conto di quanto siamo noi ad aver bisogno di loro”.
Cos’è che li rende così speciali nella relazione con gli uomini?
“Il cane è un animale collaborativo, nel senso che tutta la sua gioia risiede nel 'fare insieme'. Mentre gli esseri umani hanno una socialità affettiva, ossia creano legami attraverso sentimenti ed emozioni, il cane ha una socialità collaborativa: la forza delle sue relazioni si basa in gran parte sulle attività che svolge con i suoi compagni. Per questo motivo, lavorare con un cane vuol dire dargli il massimo e renderlo pienamente soddisfatto della sua vita”.
Eppure, molti lo considerano sfruttamento…
“Nulla di più sbagliato. Il cane, proprio come noi tutti, ha il diritto di vivere la sua vita al meglio, ossia più vicina possibile alle sue vocazioni. Ci vive accanto da millenni e questo ha contribuito a sfumare quella sottile linea che divide la loro natura dalla nostra, innescando così comportamenti profondamente dannosi, come l'antropomorfizzarli e, nei casi limite, il trattarli come fossero bambini. Il cane è un cane, come un gatto è un gatto e un pesce è un pesce. Rispettare le loro necessità e aspirazioni è fondamentale per farlo sentire pienamente appagato”.
Quindi l’addestramento al lavoro è funzionale alla loro natura?
“È importante capire che il cane non è una macchina. Non fa determinate cose solo perché è stato duramente istruito. Il suo istinto lo porta a cooperare per raggiungere un obiettivo. Naturalmente è necessaria una formazione specifica che gli consentirà di compiere una precisa attività al meglio. In poche parole: la disposizione è innata, ma il training gli dà la competenza”.
Come è iniziato il nostro rapporto con questi animali e come si è evoluto nel tempo?
“Non c’è mai stato un periodo in cui gli uomini non abbiano avuto accanto i cani. Se nel paleolitico la collaborazione si traduceva nella difesa dell’accampamento, dal neolitico si è trasformata nella cura e nella conduzione delle greggi. In seguito ci hanno accompagnato in esplorazioni e guerre e oggi si è raggiunta la completa coesione con l’uomo”.